mercoledì 2 febbraio 2011

Oggi...

... scivo qui


Mi sa tanto che torno a casa...

lunedì 31 gennaio 2011

portami a una gita fammi ridere di gusto


E così, esclusa la capatina all’outlet, anche perché, non so se dire per fortuna o purtroppo, da quelle parti nevicava, alla fine siamo andati davvero alla mostra di quadri.
E’ stata una bella giornata, nonostante il freddo e gli imprevisti e i negozi chiusi e le frittelle di carnevale. Però lieve e leggera come solo le domeniche improvvisate sanno essere, quando per un giorno i problemi restano a casa e ti sembra che non ci sia niente altro oltre a te, in quel momento. E una città un po’ malinconica che ti fa da cornice con la pioggia che, per qualche ora, fa una pausa solo per consentirti di fare una passeggiata.
E’ strano rendersi conto che ha capito delle cose di me che non gli ho detto, è riuscito un pochino a stupirmi. Forse per quel suo parlare poco e ascoltare tanto, tanto che sembra che registri in qualche parte di sé le cose che dico per ricordarsele, o forse per quel suo sorridere e guardarmi come se fossi davvero bella, e continuare a dirmi di non preoccuparmi di nulla, che si fa solo quello che voglio io, e che a me ci pensa lui. Che l’unico impegno che ha sono io.
Mi rilassa, a  tratti, e un pochino mi fa sentire al sicuro, ma a tratti mi mette anche l’ansia, forse perché in fondo mi pare che ci sia poco da fare se la scintilla non scatta…
Che, se poi ci ripenso, questo qui poteva anche interessarmi, un paio di mesi fa. O almeno, così avevo creduto, ma adesso non lo so più.
C’è che il problema è sempre quello di indovinare i tempi, di volere la stessa cosa nello stesso momento, di incontrarsi e poi cercare anche di non perdersi. O magari solo di sapere davvero che cosa si vuole, sempre ammesso che si voglia qualcosa.
C’è che non ho ancora capito se una persona o ti piace da subito o non lo farà mai più, c’è che non so più se credo nel colpo di fulmine, o piuttosto nel fatto che una persona possa conquistarti un giorno alla volta, con attenzioni e premure e con la pazienza di aspettare i tuoi tempi.
Ma c’è che devo smetterla di metterlo alla prova, sperando, in fondo, che faccia qualcosa che non va, così tanto per avere pronto l’alibi del “non mi piace perché…”.
E c’è che magari, a dispetto di tutto, non è quello giusto, o c’è che forse, in questo momento, non lo sarebbe nessuno, perché ho poco da dire e da dare. O non so ricevere.
Forse è sufficiente sedere quietamente senza far nulla e aspettare che arrivi la primavera e che l’erba cresca da sè, e forse già viversi un giorno alla volta è una grande conquista. O almeno, per me lo è.
La nota positiva è che ho scoperto un pittore che non conoscevo, tale Vittorio Corcos, che mi ha conquistata per i colori pastello e per le linee morbide, per le atmosfere immobili e tranquille e per la personalità.
E poi, un bel week tra il sole e la neve, tra amici che partono e amici che tornano, e sapere che la lontananza non è distanza e che siamo sempre qui, che nel cuore, in fondo, posto ce n’è. Per tutti.
Oggi, intanto, è di nuovo lunedì, e intanto tengo botta. O meglio, ci provo.

             

venerdì 28 gennaio 2011

Ma la malizia è in chi parla o in chi ascolta?


… uno che ti scrive un SMS:
“Mi piacerebbe aiutarti a distrarti… o a rilassarti… ;-). Sono tutto tuo, decidi solo quando…”
Ti vorrà proporre di accompagnarti un pomeriggio a fare shopping, oppure c’è qualcosa che mi sfugge?

E soprattutto, cosa si risponde?

giovedì 27 gennaio 2011

nasci da incendiario muori da pompiere dicono


Nonostante ci siano fior di biologi ad insegnarci che l’unica costante della natura è il cambiamento, io resto fondamentalmente convinta di una cosa: le persone non cambiano.
Anzi, diciamo pure che ne ho la certezza, verificata empiricamente sulla mia pelle.
Chiamiamola pure, con un termine tanto altisonante quanto quotidiano, “esperienza”.
Ogni volta che ci illudiamo che una persona possa diventare meno egoista, più attenta ai nostri bisogni, o anche solo più gentile, ogni volta che ci aspettiamo che chi ci sta accanto faccia un passo nella nostra direzione, che si sforzi di essere puntuale o altro, solo ed unicamente per l’amore o per il rispetto che prova nei nostri confronti, stiamo facendo uno sbaglio colossale.
E, quasi sicuramente, il prezzo da pagare, in quel caso, sarà una grossa delusione, della quale non potremo incolpare altri se non noi stessi. Anche perché, benché sia dura da digerire, in qualche caso, sono fermamente convinta che a chi è causa del proprio male non resti che piangere se stesso.
Non sto parlando solo di rapporti sentimentali, non voglio alludere solo alle relazioni di coppia, perché lì, se possibile, la situazione è ancor più evidente, ma almeno c’è la giustificazione dell’amore che offusca la mente e la vista.
No no, sto parlando di relazioni in generale, di tutte le volte che ci troviamo a rapportarci con le persone. Per lavoro, per amicizia, per rapporti di vicinato, per semplice conoscenza.
Normalmente, mi bastano cinque minuti per avere una prima impressione nei confronti di una persona. Non per conoscerla, certo, che per quello non bastano gli anni.
Ma sicuramente per avvertire una sensazione. C’è sempre una vocina dentro che mi dice: ok, ti puoi fidare, oppure: attenta, guardati le spalle. E quella, di solito, nel tempo, si rivela corretta.
Detta così, è tutto molto semplice e razionale: una persona è com’è. Se ti va bene è quella, se no, è quella comunque. Quindi puoi decidere che non ti va bene, ma non pretendere di cambiarla, o aspettarti che cambi. A quel punto, dunque, non resta che cambiare le nostre aspettative, oppure cambiare persona.
Poi, però, ci sono volte in cui quella vocina proprio non mi va di ascoltarla, perché in fondo, mica si può sempre vivere con il coltello tra i denti, no?
E allora provo a fidarmi, ad essere meno sulla difensiva, più bendisposta e più serena.
Ma, puntualmente, per citare il mitico Cetto La qualunque, che tante verità sa elargire in questi giorni, me la piglio ‘ntu culu. L’unica cosa che ho imparato, è a rimanerci meno male.
Quindi, ed è questa l’amara conclusione di oggi, ogni volta che pensiamo, speriamo, ci illudiamo o ci aspettiamo che una persona cambi, stiamo, in realtà, illudendo soltanto noi stessi.
E non ne vale la pena.

PS. La foto non c'azzecca nulla, ma c'ha comunque un suo perchè...

mercoledì 26 gennaio 2011

non ho un granchè da dire ma quello mi viene bene

È vero, manco da parecchio.
Passo di qua, leggo i blog, qualche volta vorrei addirittura commentare. Ma poi mi rendo conto che non ho parole per farlo. O forse non ho la forza.
Non che mi manchino le idee, anzi, ne ho tantissime. Poi, però, cerco le parole e non mi viene nulla. Ho la testa vuota.
Vabbè, capita.
Devo dire un grazie sincero a tutti quelli che mi hanno cercata per chiedermi come va.
A loro come a me stessa non posso che dire che non va abbastanza bene. Mi sento stupida e anche un pochino in colpa a pensarla così, perché in fondo non mi manca proprio niente, perché ad essere sinceri non c'è nulla di cui potersi lamentare davvero.
Eppure è così. Mi cerco e non mi trovo più.
 
L'anno è iniziato con una grande stanchezza, con un senso di insoddisfazione che ultimamente predomina su tutto il resto.
È iniziato con la consapevolezza che il lavoro non va più. Che non mi va più. Che ho bisogno di cambiamento, di nuovi stimoli, di aria diversa. Di opportunità, di novità. Convivo con un senso del dovere molto forte e con un mal di stomaco da stress che forse lo è anche di più. Mi sveglio di soprassalto, mi alzo stanca e arrivare a sera è una fatica che mi sfinisce.
Del resto, l'ho sempre saputo che sarebbe arrivato il momento di fermarmi e chiedermi se sono felice. Mi chiedo solo se lo sarò mai, o se l’inquietudine fa parte del mio carattere e proprio non c’è nulla da fare.

Ma l'anno è iniziato con un paio di amici che mi hanno molto delusa.
Anche questo capita, certo.
Ma fa sempre molto male quando credi che una persona sia speciale e ti accorgi che invece è solo uno dei tanti che passano nella tua vita di corsa e poi se ne vanno lasciando la porta socchiusa. Che se almeno la sbattessero, potresti pensare che son solo dei cafoni, e invece non ti resta neppure quella consolazione.
Non ho più la forza e la voglia di fare discussioni, di spiegare ragioni e ascoltare punti di vista.
C'è che di fronte all'amore o all'amicizia siamo sempre un pochino più indifesi. E questo ci frega, purtroppo.
Bisognerebbe solo imparare a non aspettarsi che gli altri si comportino come vogliamo noi, come se stessimo guardando noi stessi in uno specchio. Ci devo lavorare un pò su.

È iniziato con qualche uscita con l'ex ranocchio, ex aspirante principe, purtroppo di nuovo, solo ranocchio. Con qualche cena ed un inaspettato dopo cena, non del tutto spiacevole ma non abbastanza degno di nota.
Ranocchio era e ranocchio è rimasto, e non solo per il sei e mezzo che si prende, che il sesso non sarebbe tutto se ci fosse qualcos'altro. E invece…

Mi consolo leggendo l'oroscopo di Paolo Fox. Dice che ho ancora Saturno contro, ma che presto cambierà segno.
Ma poi, chevvelodicoaffà!?

venerdì 31 dicembre 2010

io voglio un mondo all'altezza dei sogni che ho


Ed eccoci qui, ultimo post di questo tormentato 2010, volato in un soffio eppure lento e sonnacchioso come un bradipo. 
Mi fermo a riflettere sull'anno che sta finendo, e su quello che inizierà tra poche ore.
Su quello che voglio, che già so di non volere, di dover evitare, di non poter avere, sulle persone che vorrei al mio fianco. E su quelle che proprio sarebbe meglio di no.  
Quello passato doveva essere l'anno della razionalità. E per fortuna lo è stato.
Diciamo che ho tenuto botta. 
Un anno tutto sommato tranquillo, senza scossoni né grosse delusioni. Con le emozioni quasi sempre sotto controllo, con i nervi al loro posto e con poche, pochissime montagne russe. Meglio così, che un pò di pausa ci voleva. Ci ripenso e mi dico che ne ho avuti di peggiori. Tanto è, e tanto dovrebbe bastare, per ora. 
Ho messo via un pó di illusioni che prima o poi basta così e sono contenta di me, ho gestito bene le cose. 

Ringrazio... 
Le amiche che ti salvano l'umore o una serata storta, con un sorriso, una tisana drenante o un lip-gloss colorato. 
La mia casetta che è sempre di più un nido ed una tana dove mi rifugio per cercarmi. E forse mi trovo, anche se non tutti i giorni. 
La mia famiglia che adesso, come non accadeva da troppi anni, è uno spazio di serenità e di affetto senza diventare una gabbia. Presenti ma non invadenti.
La potatura del bonsai, dolorosa ma necessaria per non far perdere alla pianta la sua forma, perché è giusto non cambiare mai e cambiare un pó tutti i giorni. 
La ferma certezza delle cose che so di non volere, delle vacanze che bisogna evitare, delle convenzioni che non valgono, almeno per me. 
La maturità delle scelte, la consapevolezza della realtà e l'intelligenza di cambiare idea ogni volta che serve. 
Il lungo lavoro su me stessa, dentro e fuori e imparare ad accettare quell'insicurezza che farà sempre e comunque parte di me. Nonostante tutto. 
Chi non mi vuole e non mi merita, chi mi vuole ma non fa niente per avermi, chi passa ma non se ne va, chi non si è fermato ma resta, chi mi chiama tutti i giorni e chi poi non mi cerca più, chi ha deciso di cambiare vita e non si ricorda più l'indirizzo di casa mia, e chi, nonostante tutto, trova ancora il tempo per passare da me.
Perché tutti, a loro modo, mi hanno insegnato qualcosa. 
I concerti di Ligabue, con l'adrenalina che sale, la voce che si abbassa a forza di cantare e quelle parole che sembrano pensate e scritte per me. 
Le partenze improvvise e i ritrovi improvvisati, che restano comunque i migliori. 
Le cose che davvero non t'aspetti, quelle in cui speri fino all'ultimo, le cose che in fondo al cuore sai già come andranno a finire e quelle che prendono una piega inattesa strada facendo. E quelle che prendi come vengono.
Le persone superficiali che son sempre sicure di tutto, i dubbi delle persone intelligenti.
E poi i bauli di sentimenti chiusi con una chiave che non sai più dov'è, ma che tanto per il momento è meglio non cercare perchè comunque non li apriresti. 
Chi resta nel cuore e chi non se ne va dalla testa. 
Me stessa, la voglia e la forza di rimanere sempre io, di volermi sempre bene e lo sforzo di imparare ad essere in uno show room, non al discount. 
I nuovi incontri e i vecchi scontri. 
I progetti realizzati, quelli che hanno già preso forma nella testa, quelli che per ora sono solo un'idea vaga. 

Vorrei che il 2011 fosse un anno leggero e da prendere non troppo sul serio. 
Anzi no, già che ci siamo punto più in alto. Voglio un anno alla grande, un cielo senza nuvole, il sole tutti i giorni. Non voglio solo serenità, voglio anche momenti di autentica felicità, voglio amici, risate, serate e viaggi. Voglio soddisfazioni sul lavoro e affetti a casa. Voglio l'amore, voglio la vita. Voglio una primavera lunghissima e profumata,
Voglio cieli stellati e notti di luna. 
Voglio prendermi tutto, ma proprio tutto quello che la vita può darmi, e anche di più.

Ok, adesso sono pronta davvero.
Cin cin. A me stessa, alla vita e al nuovo anno.

mercoledì 22 dicembre 2010

e ti vedi con una che fa il tuo stesso giro e ti senti il diritto di sentirti leggero

Nella mia se pur poco convinta esperienza di appuntamenti galanti, ho fatto una rapidissima e semplice considerazione: c’è un tempo fisiologico che serve per capire com’è davvero una persona, o per lo meno, cosa cerca da te e dalla vita.
Sì, perché i primi incontri sono sempre un pochino carichi di tensione, della voglia e dell’intenzione di fare bella figura con l’altro, magari di mostrarsi più sicuri di sé, o forse meno impacciati, più attenti, meno timidi, più interessanti. Ma poi, dopo un po’, se si ha la pazienza di andare un po’ oltre, si capisce meglio.
E infatti, anche con il Principe-Ranocchio, è stato ed è un po’ così.
Dopo un inizio da vero Ufficiale e Gentiluomo, da qualche tempo ha iniziato a prendere una brutta piega.
Perché, inutile negarlo, conoscere una persona nuova richiede impegno. O almeno, richiede il tempo e l’interesse necessari per frequentarsi, stare insieme, e capirsi.
E’ ovvio che, se nessuno dei due è disposto a sacrificare qualcosa del suo ben organizzato ed impegnato tempo per dedicarsi all’altro, viene meno il presupposto di base per conoscersi, e tanto vale lasciar perdere.
Ora, come è ben noto a tutti quelli che mi conoscono un po’, dopo un minimo di dieci ore filate in studio, io la sera amo molto starmene a casina in relax, un po’ di attualità in TV, qualche paginetta di libro, e nanna. Ovviamente, se qualcuno mi invita fuori, o se un’amica compie gli anni, o se c’è qualche serata divertente, un cinema o altro, esco altrettanto volentieri.
Pare, invece, che questo aspirante Principe, che ormai s’è giocato la corona e, per quanto riguarda me, pure il cavallo bianco, abbia impegni (...che, si sa, gli amici con cui bere una birra sono fondamentali nella vita di un quarantenne) tutte le sere e che sia libero soltanto, guarda caso e manco a farlo apposta, nelle rare sere in cui sono impegnata io. Propongo un compromesso, sposto un impegno io, a patto che lofaccia pure lui, ma non coglie.
Anzi, come se io non avessi un’idea di cosa significa un “lavoro impegnativo”, di responsabilità, mi dice pure che è stressato, che non ha tempo praticamente per nulla.
Gli dico chiaramente che, in tutta sincerità, non ho voglia di fare questi giochetti, che non mi va di rincorrere nessuno, che se c’è, bene, e se no, bene uguale.
Lui mi dice che me la tiro, io gli rispondo, con un bel coup de teatre, che è ordinario come le penne rigate della Barilla, che come lui se ne trovano a pacchi. A bancali, anzi. Che il lavoro e tutto il resto non sono altro che alibi perfetti per un interesse nei miei confronti che, ammettiamolo, mi pare davvero un po’ scarsino.
Che sono stanca di persone mediocri, superficiali e stereotipate, e che certe scuse potranno anche andar bene per le sue amiche, ma non per me.
Che se ci sono certi presupposti bene, se no, ringrazio il dottore, rifiuto e vado avanti, che tanto meglio sola...
E succede che, dopo l’ennesima reazione stizzita in cui mi fa notare che io non sono mai libera, io perdo completamente la pazienza, lui fa un pochino il permaloso, il risentito, il deluso, e a me scende completamente la catena. Del tutto, direi.
Faccio passare un paio di giorni senza farmi sentire. Lui pure.
E mi accorgo che non solo non mi manca neanche un po’, che non solo non mi chiedo dove sarà/cosa starà facendo/perché non mi chiama, ma mi sento addirittura più libera, più serena, più in equilibrio con me stessa. Perché è una gran tristezza trovarsi ancora a ‘sto punto, a quasi trentacinque anni.
Lascio questa sensazione in stand-by, anche perché lui ora parte per passare il Natale con i parenti. Del resto, lui ha perso un bel po’ di punti…

Ieri sera, mi arriva un suo SMS: “Scusa per tutto. Sono già complicato di mio, e non è un periodo semplice della mia vita. Se mi permetti, mi piacerebbe invitarti a cena appena torno”.
Io soltanto: “la vita non è semplice per nessuno, direi. In nessun momento.”
E lui: “Ok, anche su questo hai ragione. Allora, accetti la cena?”

Certo, la mia autostima va un pochino meglio, e devo ammettere che è diventata una questione di principio. Ma non so se ci esco, a cena con te, ci devo pensare.
Poi, magari stasera, con calma, ti rispondo. Che io c'ho mille impegni, un lavoro impegnativo, tante responsabilità, mille amici, duecento cene e sono anche molto stressata...
Intanto, carino, stai lì a bollire nel tuo brodo un po’.
Perché adesso sì che me la tiro davvero....